Simulazione con segnali “reali” di amplificatori in Classe G ed altre considerazioni

Pubblicato: 26 giugno 2009 in Elettronica
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In questi ultimi tempi, un po’ per curiosità ed un po per effettivo interesse,  ho provato ad affrontare la simulazione di questa tipologia di amplificatori, che come noto permette di aumentare in modo consistente l’efficienza (il rapporto tra la potenza erogata e quella assorbita) rispetto ad un convenzionale  amplificatore in Classe B (o AB)

I risultati sono notevoli, e come dice Douglas Self in un suo libro “Time has come from this technology”, anche in campo HI-FI; l’aspetto più “duro” da gestire in un amplificatore di questo tipo è quello relativo ai possibili “artefatti” sulla forma d’onda in uscita per frequenze a partire da alcuni KHz, chiaramente visibili alla simulazione (ad anche all’oscilloscopio), causati dallo switch delle tensioni di alimentazione gestite da un diodo. Nel settore Pro non se ne preoccupano più di tanto, a parte Crest Audio, e quindi i “glithches” sono visilbili chiaramente anche a frequenze basse: ecco perché in campo Home Audio i Classe G sono sempre stati segregati a pilotare SubWoofers.

Con i moderni diodi Schottky e un minimo di “snubbering” gli effetti iniziano a farsi percepibili a partire da 5Khz e si riesce anche a spostarli oltre con alcuni interventi di ottimizzazione.

Questo è il dettaglio del cambiamento di tensione di alimentazione su una sinusoide a 5Khz e 72V di picco (50V Rms= 300 e rotti W su 8Ohm): l’artefatto sulle forma d’onda è praticamente inavvertibile

clip_image001

Ora, se si considera che normalmente in un finale in Classe G il rapporto delle tensioni è al 50% e che, nelle specifiche IEC per quanto riguarda la distribuzione dei segnali musicali, oltre i 5Khz rimane solo il 4.5% della potenza abbiamo che:

– Lo switch tra le tensioni avviene a circa ¼ del totale della potenza erogata, quindi 6dB più in basso.

– E’ praticamente impossibile per un programma musicale raggiungere la zona di switch a frequenze oltre i 5Khz, anche la “disco” più spinta

Inoltre i programmi musicali hanno un rapporto tra “average”, dove viene dissipata la maggior parte della potenza, e “picco” di almeno 10dB; quindi il livello medio del programma musicale rimarrà tutto a carico del livello di tensione più basso mentre i picchi saranno gestiti con livelli di tensioni compresi tra quello alto e quello basso: l’effetto di “mascheratura” indotto dal repentino cambio di livello renderà poi praticamente impercettibile l’eventuale aumento di distorsione indotto dagli artefatti.

E adesso il confronto tra un finale in classe B alimentato a 44V (circa 85W RSM) e polarizzato con 100mA per finale (8 in totale) ed un equivalente finale in Classe G con “rottura” a 22V e stessa polarizzazione. Il livello è stato regolato in modo che il segnale musicale raggiungesse al massimo i 35V di picco, che nel caso di segnale sinusoidale corrisponderebbero a circa 76W RMS, quindi molto vicino al clipping. Il carico è una resistenza di 8Ohm ed il tutto è stato simulato usando LtSpice

Pink Floyd – Time da "Dark Side Of The Moon" OMR (dove Gilmour inizia a cantare dopo l’intro) – 13s di "play"

CLASS G, Vlow=22 Vhigh=44 (=ClassB+ClassC)

     pout: AVG(v(out+)*i(rout))=6.25236 FROM 0 TO 13

     pdiss: AVG(( (v(vpos)-v(n011))*ic(q17) +((v(n011)-v(n022))*ic(q13)))*4)=9.42587 FROM 0 TO 13

CLASS B, V=44

     pout: AVG(v(out+)*i(rout))=6.2541 FROM 0 TO 13

     pdiss: AVG((v(vpos)-v(n017))*ic(q14)*8)=33.5811 FROM 0 TO 13

L’escursione dinamica di Time dall’ OMR è molto elevata e quindi la potenza media erogata molto bassa, poco più di 6W: il classe B deve dissipare ben 33W mentre il classe G si ferma a poco meno di 9W

Lady Gaga – Poker Face 14s di "play"

Pezzo dance del periodo, molto ritmato e con meno escursione dinamica di “Time”  che sicuramente evidenzierà potenze medie e dissipazioni diverse: ho preso il ritornello della canzone che in sottofondo mantiene una base dei tempi molto sostenuta, per la gioia dei Woofer da 15" e 18" 🙂 )

CLASS G +22+44 (=ClassB+ClassC)

    pout: AVG(v(out+)*i(rout))=21.233 FROM 0 TO 8

    pdiss: AVG(( (v(vpos)-v(n009))*ic(q17) +((v(n013)-v(n025))*ic(q13)))*4)=16.5577 FROM 0 TO 8

CLASS B, V=44

    pout: AVG((v(out+))*i(rout))=21.2306 FROM 0 TO 8

    pdiss: AVG((v(vpos)-v(n017))*ic(q14)*8)=39.352 FROM 0 TO 8

      In questo caso la potenza media erogata diventa circa 21W: la dissipazione del CLASSE B aumenta di circa 6W (39W) e quella del Classe G di circa 7W (16.5W), ma la differenza rimane ancora molto consistente, con un rapporto di circa 2,5 volte.

      Verifichiamo anche il comportamento con un diffusore simulato, il cui modulo di impedenza e la cui fase potrebbero benissimo ricondurre ad un qualsiasi diffusore commerciale: in particolare si tratta del carico simulato usato da Stereophile per i test dei finali. Come è noto ogni diffusore definito “da 8Ohm” ha dei minimi di resistenza tipicamente intorno ai 6,5Ohm e sfasamenti che spesso possono portare a condizioni di carico doppie: ad esempio 8Ohm sfasati di 45° causano una dissipazione doppia ed una potenza erogata sul carico pari a metà, così come ci sono molti punti in cui il carico risulta molto facile.

      Usando sempre il pezzo di “Poker Face” questa volta otteniamo, con gli ampli sempre nelle stesse condizioni:

      CLASSE G

      ptot: AVG(( (v(vpos)-v(n009))*ic(q17) +((v(n013)-v(n025))*ic(q13)))*4)=15.4811 FROM 0 TO 8

      CLASSE B

      pdiss: AVG((v(vpos)-v(n017))*ic(q14)*8)=38.0203 FROM 0 TO 8

      Il rapporto della dissipazione rimane ancora a circa 2,5.

      Vediamo ora le differenze in termini di efficienza, definita come il rapporto tra la potenza in input (ossia la somma della potenza media dissipata e quella erogata) e quella erogata sul carico: per gli amplificatori in classe B la teoria vuole che la massima efficienza raggiungibile sia circa il 75%, ma in realtà non è mai così in quanto tra perdite sui vari componenti, leggeri “overbias” per fare in modo che a temperature più alte lo stesso non scenda a valori troppo bassi, raramente si raggiunge il 70%. Per contro l’efficienza di un Classe G non è prevedibile a priori in quanto dipende moltissimo dal rapporto tra le tensioni di alimentazione. In questo caso continueremo ad usare il 50% per comodità e 100mA di polarizzazione per finale, che tra l’altro non sono rari in realizzazioni commerciali.

      image

      Come si può vedere dal grafico a poco meno di 1/4 della potenza massima l’amplificatore in classe G raggiunge il 66/67% di efficienza contro il 30% circa del classe B, per cui anche ad erogazioni prossime alla potenza massima, dato il rapporto tra livello medio e di picco l’amplificatore si troverà a lavorare per la maggior parte del tempo nella zona di massima efficienza, intorno al cambio di tensione di alimentazione. Ed anche oltre il livello di switch della tensione l’efficienza rimane a livelli nettamente superiori, e con un minimo di circa il 10% di vantaggio alla potenza massima.

      Di seguito invece il grafico della potenza dissipata: il classe B dissipa circa 45W ad 1/3 circa della potenza massima e comunque rimane costantemente sopra i 35W. Al contrario il Classe G arriva a dissipare la massimo 30W a 2/3 della massima erogazione possibile e prima che i transistor esterni inizino a condurre la dissipazione totale arriva al massimo a 12W.

      image

      Anche portando la corrente di riposo totale dell’ ampli in classe G allo stesso livello del Classe B il risultato mostra ancora il grande vantaggio del primo. Il bias totale del classe B è di 100mA per transistor finale quindi 400 per ramo di alimentazione; nel caso del classe G pur rimanendo invariato il numero di transitor finali (8) ce ne sono in solo 4 che contribuiscono all’assorbimento a vuoto, due per ramo di alimentazione. Per portarlo allo stesso assorbimento a vuoto occorre raddoppiare di conseguenza la corrente di riposo.

      image

      In queste condizioni è possibile realizzare un amplificatore stereo da circa 70W per canale con dimensioni estremamente ridotte, in un contenitore da 1U di altezza (4cm interni); partiamo da un rapporto di dissipazione con un segnale musicale dal livello medio molto alto pari a 2,5 ad dal rapporto di circa 1,5 per la simulazione della dissipazione con segnale musicale, per cui considerando che comunque il classe G passerà la maggior parte del tempo su livelli gestibili dalla prima tensione di alimentazione fisseremo arbitrariamente il rapporto a due, suggerito anche come punto di partenza da Douglas Self nella terza edizione del libro “Audio Power Amplifiers Design Handbook”

      Sul mercato ad esempio esiste l’ Outlaw M 2200, un amplificatore mono da 200W che usa appunto un contenitore di queste dimensioni, improponibile in termini di dissipazione per un finale in classe B/AB; quindi 70W per canale risultano di dissipazione ancora più agevole. L’unico problema per un autocostruttore è rappresentato dalla necessità di avere a disposizione un trasformatore toroidale molto basso, che date le potenze in gioco deve essere di circa 300W e che presso la normale distribuzione risulta di difficile reperibilità e deve pertanto essere richiesto appositamente a qualche avvolgitore.

      Usando il foglio di calcolo citato nell’ articolo “Heatsink design and trasnsistor mounting” presente sul sito di Rod Elliot, possiamo vedere che usando un dissipatore lungo 150mm, alto 40mm e con le alette profonde 30mm (circa 1°/W) per dissipare 40W (arrotondamento in eccesso del classe B) otteniamo una temperatura dello stesso pari a circa 65°; usando la stessa profilatura per dissipare ad esempio 20W, corrispondenti ad un ampio arrotondamento in eccesso per il Classe G, scopriamo che ci bastano solo 35mm di altezza!!

      Quindi per il nostro contenitore di 1U (molto bello questo  http://www.modushop.biz/ecommerce/cat066.php?n=1, anche per la disponibilità di accessori), possiamo ipotizzare di sfruttare tutta l’altezza interna di 40mm, che con un dissipatore lungo 300mm e con le alette profonde 30mm vedrà una temperatura massima di 61.5° su un totale di 40W dissipati dal classe G (sempre approssimati in eccesso). Se poi si volesse il contenitore completamente di alluminio si possono usare i coperchi opportuni (http://www.modushop.biz/ecommerce/cat099.php?n=1) e renderli ad esempio solidali al dissipatore con due piccoli profili ad L per aumentare ulteriormente il potere dissipante 🙂

      Ritorniamo ora ad approfondire l’aspetto che molto spesso continua a causare una scarsa reputazione per quanto riguarda l’uso di questa tipologia di amplificatori in applicazioni al di fuori dell’ambito PRO e PA, ossia gli spike che possono apparire sulla forma d’onda per effetto della commutazione dei diodi al cambio della tensione di alimentazione.

      Lo schema dello stadio di uscita usato per le simulazioni effettuate fino ad ora è (solo il ramo positivo):

      image

      il nodo DRVLOW+ è collegato al ramo superiore del “VBE Multiplier” e il nodo DRVHIGH+  si collega a DRVLOW+ tipicamente tramite uno Zener, che fissa anche la soglia oltre la quale il secondo livello di alimentazione entra in gioco: con uno Zener da 2,7V si ottiene che la tensione di alimentazione VPOS sarà circa 2,3V superiore al valore di picco della tensione di uscita, ossia i transistor “esterni” inizieranno a condurre a  "tensione di alimentazione interna – 2,3”. Questo zener determina di conseguenza anche:

        • la massima potenza erogabile in quanto fissa sempre una distanza tra la tensione di picco in uscita e quella di alimentazione. Maggiore è il suo valore minore sarà la potenza erogata
        • l’efficienza dell’amplificaore, dal momento che fissa la soglia di conduzione dei dispositivi “esterni”. Maggiore è il valore e minore sarà l’efficienza in quanto i dispositivi inizieranno a condurre prima e lo faranno per più tempo (un angolo maggiore della sinusoide)
        • l’entità dell’artefatto visibile sulla tensione di uscita al momento dello switch: un valore più alto riduce l’intensità e più basso il contrario.

        2,7V costituisce un buon compromesso tra efficienza, potenza erogata, e visibilità degli artefatti, ma non è da escludere che in realizzazioni molto curate (e fortunate) possa essere ridotto in valore, cosi come d’altra parte potrebbe anche essere necessario aumentarlo: sicuramente in un amplificatore dedicato ad una banda di frequenza ristretta, fino ad esempio ad 1KHz, non solo a subwoofers, valori più bassi non dovrebbero presentare controindicazioni. Comunque dopo la simulazione sono un test reale all’oscilloscopio potrà fornire l’esito finale: su un PCB prototipo ad esempio potrebbe essere utile usare un paio di pin di un connettore “strip” per potere sostituire velocemente gli zener durante i test.

        la configurazione dello stadio di uscita riportata sopra con una tensione di uscita di 28Vp 5Khz si comporta in questo modo:

        image

        praticamente non si avverte nulla. A 10KHz inziano a vedersi i primi fenomeni

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        A questo punto mettendo una celle RC in parallelo al diodo di commutazione, sempre a 10Khz, la “deformazione” ritorna impercettibile

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        A questo punto potremmo già considerarci soddisfatti in quanto oltre i 10Khz nessun programma musicale richiederà ad un amplificatore di erogare circa 1/4 della potenza disponibile. Siccome in Italia molto spesso siamo pignoli possiamo cercare di migliorare ulteriormente … arrangiando i driver “interni” in modo che prendano l’alimentazione della tensione più alta non subendo quindi la commutazione dei diodi: a fronte di una maggiore dissipazione abbiamo un comportamento quasi da primato

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        in questo caso è stato usato un diodo Schottky  da 30A 100V ampiamente sovradimensionato per le esigenze di un ampli da 70W: la simulazione conferma che usando ad esempio un diodo Schottky da 20A 100V  i risultati sono ancora migliori e le alterazioni si spostano ancora più in alto come frequenza.

        Ecco i 20KHz simulati con un MBR20100 di OnSemi

        image

        E questo, al di la della visibilità, sfido chiunque oltre i 15 anni a sentirlo . . .

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